Abbiamo incontrato il fotografo e critico fotografico Mosè Franchi per carpire qualche consiglio pratico in preparazione della sfida fotografica della tappa torinese di Italia Photo Marathon. I suoi consigli si sono rivelati “pillole” di saggezza fotografica e spunti di riflessione validi sempre, ben al di là della giornata della competizione! Cerchiamo di ripercorrerli brevemente in questo articolo!
“Non potrete fare nessuna buona fotografia se non avete chiaro in mente il progetto di far ridere, oppure di fare piangere, oppure di fare meravigliare chi la guarderà. Una fotografia si fa per uno di questi 3 motivi: far ridere, far piangere, far meravigliare. La fotografia deve suggerire, non dire. Dovete accompagnare l’osservatore, ma poi lasciarlo solo nell’ultimo km: le fotografie troppo esplicite sono banali”.
Mosè Franchi
In una carrellata di esempi illustri, aneddoti sui grandi autori, analisi di alcune delle fotografie che hanno fatto la storia di questa arte, affiancate ad alcuni degli scatti che nelle edizioni passate di Italia Photo Marathon hanno vinto qualche premio, Mosè ci ha accompagnato in due ore fitte ed intense di consigli, spiegando concretamente perchè un determinato scatto funziona, qual è il dettaglio magico che gli dà valore.
Ecco allora in una sintesi per punti a cosa possiamo puntare per realizzare un *buono* scatto:
La fotografia bella ce l’abbiamo tutti… Un bel tramonto al mare, la moglie giovane che esce dalle onde… Una buona fotografia è più difficile, è una foto che racconta, va al di là del gusto soggettivo e dell’estetica.
Mosè Franchi
- Ricerca dell’azione: in una fotografia deve succedere qualcosa. Ci deve essere un racconto. Un’azione importante (esempio: un salto, la parata di un portiere…) merita di essere posizionata al centro. Non si deve necessariamente seguire la nota regola dei terzi. In alcuni casi è necessario ricercare la centralità, la simmetria.
- Scelta del soggetto: quando si trova un soggetto interessante, una storia da raccontare il suggerimento è quello di dedicarvisi, di provare, di “sprecare” scatti. Si può aspettare, magari capiterà qualcosa a donare complessità o a contestualizzare la scena.
- Scelta del punto di vista: il fotografo è la scena. Franchi ammette di amare il punto di vista ravvicinato:
Il 50 mm è già troppo lungo. Amo la fotografia di reportage, muovermi nella scena, creare interazione con i soggetti.
Mosè Franchi
- Ricerca del gesto: come negli scatti di Giacomelli in cui l’interesse non è per l’uomo ma per la traccia che lascia.
- Ricerca del volume: Gabriele Basilico ne era maestro. Ci si può aiutare con il gioco delle simmetrie e con i cromatismi.
- Ricerca del richiamo: inserire nello scatto elementi che evocano, che rendono più immediata l’interpretazione da parte di chi osserva (ad esempio Steve Jobs ritratto insieme ad uno dei suoi Mac).
- Studio dell’atmosfera: luci, colori, abiti coerenti aggiungono valore allo scatto. Facciamo attenzione quindi ai dettagli e al “mood” dello scatto cercando di tagliare dall’inquadratura gli elementi che distraggono.
- Importanza della “stranezza”: il soggetto particolare e “strano” desta meraviglia nell’osservatore. Si risponde così ad uno dei tre motivi essenziali per cui scattare: far meravigliare. Attenzione però a non cadere nella caricatura, nell’esasperazione. Se la foto è esagerata diventa banale.
- Ricerca dei guardanti: punto molto caro a Mosè. Gli occhi di un pubblico sono la benzina di una fotografia, la caricano di valore e significato. Ogni sguardo costruisce una linea forza.
Berengo Gardin, che Franchi conosce molto bene e di cui nel corso della serata ha condiviso molti aneddoti, è un regista dell’immagine. Costruisce, chiede ai soggetti in scena che facciano ciò che lui chiede e soprattutto che guardino nella direzione che viene indicata loro. Persino lo sguardo dei cani è importante ed aggiunge ironia allo scatto (come spesso si nota nelle fotografie di Doisneau). Essere regista di uno scatto, modificare la realtà, far succedere cose non significa fare fotografie “false”, anzi rende più vera la realtà, la esplicita, la chiarifica e la comunica. Diverso è invece realizzare fotografie ingannevoli.
Il fotografo non è cacciatore di attimi, è creatore di attimi.
Mosè Franchi
- Lo sguardo dell’anima: si parla ancora di occhi e Mosè ci mostra un breve spezzone in cui Oliviero Toscani afferma come scattando a modelle anche decine di scatti uno di seguito all’altro, poche frazioni di secondo bastino a far cambiare lo sguardo e a mostrare in alcuni rari casi l'”anima”, una tensione diversa che è fotografabile. Per questo alcuni ritratti hanno una forza che ad altri manca e per questo l’affermazione che attraverso la fotografia “si ruba l’anima” per certi versi è vera.
- Dominare la profondità di campo: sfocare lo sfondo permette di lasciare spazio a chi guarda, che può raccontarsi da solo la storia di quella fotografia.
Concludiamo con un’ultima citazione di Franchi che è un invito a tutti i fotomaratoneti:
Nella competizione pensiamo che il confronto non sia tanto con gli altri cento, mille partecipanti, ma con noi stessi. Che la Photo Marathon sia un inizio, un seme oppure la continuazione di un percorso. Anche a me è capitato di partecipare a concorsi e non vincere mai! Caspita vedevo premiate fotografie simili alle mie, pensavo -l’ho fatta anche io quella stessa fotografia- ma questi sono pensieri che non aiutano a migliorare. Scattate, procedete e poi magari un giorno capiterà che vincerete un concorso, che una vostra fotografia venga richiesta per essere pubblicata, che vi chiamino a ritrarre un evento… Cosa sarà successo? Probabilmente, senza rendervene conto, sarete semplicemente migliorati.
Mosè Franchi
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